Lisbona e Tago e tutto by Marco Grassano

Lisbona e Tago e tutto by Marco Grassano

autore:Marco Grassano [Grassano, Marco]
La lingua: ita, por
Format: epub
pubblicato: 2019-08-17T22:00:00+00:00


* * *

13 Più o meno: “era un figlio di buona donna”.

XV

MI LASCIO SUGGESTIONARE DA un altro libro di Saramago, il Memorial do Convento, e mi vien voglia di andare a vedere Mafra. Così acquisto un po’ di frutta nel negozio di Rua das Portas de Santo Antão, a pochi passi, verso il Rossio, dalla ferramenta d’angolo con Rua Jardim do Regedor. Poi prendo la metropolitana fino a Praça Saldanha. Attendo la corriera all’inizio di Avenida Ribeiro. Il cielo è limpido, di un azzurro che l’intensità della luce fa sbiadire man mano che il mattino avanza nel tenace sfasamento dell’ora legale. Ma questo sfasamento prolungherà la dolcezza del pomeriggio, quasi sospendendolo in bilico sul baratro della notte.

Attendo circa un quarto d’ora, assieme ad altre persone, l’arrivo del mezzo. Prendo posto a sinistra, in prima fila. Il finestrino è privo di vetro e la guarnizione di gomma fradicia, rimasta attaccata al telaio, si piega sotto il peso del braccio. Passa il bigliettaio che utilizza, per gli scontrini, una vecchia macchinetta in alluminio, dei tempi in cui facevo le Medie. La corriera parte e prende verso nord, fermandosi ogni tanto a raccattare nuovi passeggeri. Imbocca un’ampia strada statale. Ne esce a Loures e inizia a salire e scendere per le colline, mostrando paesi, campi in pendio nei quali lavora qualche curvo contadino, vie e case decisamente brutte, i festoni e le luminarie spente di una festa patronale.

Riconosco subito l’enorme convento, anche se la costruzione appare più grigia, più dilavata, più vecchia di come me la figuravo leggendo la prosa trasparente del libro. Scendo a sinistra dell’edificio, di fronte a un lungo spiazzo polveroso che prelude all’ingresso del parco. Mi dirigo, camminando sul declivio acciottolato, verso gli scalini che conducono al portale nel centro della facciata. I cancelli sono chiusi. Un cartello informa che, a causa delle riprese di un film, l’ingresso alla basilica deve essere effettuato dal portone laterale sinistro.

Vista l’ora, decido di mangiare prima le mie banane, mele e susine nel parco di fianco. Oltre l’ampio cancello (a poca distanza da un altro accesso, presidiato da due militari) una verde ombra mi accoglie. Mi apre le braccia un giardino fermamente disciplinato dall’opera volitiva e sapiente dell’uomo. Imbocco il vialetto di destra, seguendo un cartello che indica la zona picnic. Oltrepasso il casotto imbiancato dei servizi e una vecchia struttura in muratura e legno, probabilmente una complicata pompa per estrarre acqua dal pozzo chiuso. Ma ormai i giardinieri si servono, per innaffiare, di una più pratica manichetta in plastica verde, e con tale sistema mantengono in pieno rigoglio anche gli orti “privati”, a destra. Poco più avanti il viottolo si biforca nuovamente verso destra, lasciando scorgere, una ventina di metri più in là, tavolini e panche in cemento, o pietra, o ricavati da tronchi d’albero. Mi siedo, completamente solo. Mangio con calma, godendomi il calore mite di questo angolino appartato, altalenante tra le macchie d’ombra e di sole che gli alberi disegnano su tutte le superfici. Getto le bucce in un bidone. Poiché è ancora presto, decido di ispezionare l’intero perimetro dell’area verde.



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